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Mafia e droga: a Lecce operazione "Game over" contro il clan Briganti. 17 arresti

Il clan Briganti di Lecce, colpito stamani dai 17 arresti eseguiti dalla Polizia, riceveva armi e droga dall’Albania e dai Balcani. In linea con quanto contenuto nella relazione semestrale della direzione investigativa Antimafia, pubblicata nella giornata di ieri, l’operazione di queste ore ha quindi certificato la collaborazione tra i clan Leccesi della Sacra corona unita e la mafia albanese e non solo. Sul fronte droga, il clan Briganti si è occupato direttamente dell’acquisto, prevalentemente in territorio albanese, dell’importazione, dello stoccaggio e della suddivisione, prima della consegna finale ai vari pusher. Le investigazioni hanno permesso di ipotizzare la disponibilità di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti, da immettere sulle piazze di spaccio, oltre che di una consistente disponibilità di armi, anche da guerra, di provenienza balcanica.
Nel corso dell’attività sono stati sequestrati fucili mitragliatori di assalto sovietici, tra cui AK47 Kalashnikov e modello M.70 Zavasta, oltre a numerose pistole calibro 45, calibro 38 special e relativo munizionamento. Per l’acquisto di tali armi, il gruppo criminale avrebbe avuto come referente un soggetto italiano di origini montenegrine, collante tra il clan e i trafficanti di armi residenti nel campo sosta Panareo.

Controllo su festa patronale, sagre e parcheggi

Le mani della clan capeggiato da Maurizio Briganti, egemone a Lecce e nel comprensorio circostante, avevano intaccato la serenità delle feste di piazza, della festa patronale ma anche le dispute sportive della squadra di calcio del capoluogo salentino. Gli agenti della questura, coordinati dalla Direzione distrettuale antimafia, hanno infatti scoperto una fitta rete di richieste estorsive corredate da minacce verbali, fisiche e armate, nei confronti di numerosi commercianti ambulanti ed espositori, durante gli incontri calcistici, gli eventi musicali, le feste di piazza e le sagre che si svolgevano in città, compresa l’importante festa dei santi patroni Oronzo, Giusto e Fortunato.
Il posteggio aveva infatti un doppio costo, quello legale di occupazione di suolo pubblico dovuto al comune, e quello derivante dalle richieste estorsive del clan. Un fenomeno, quest’ultimo, emerso anche dal coraggio di alcuni commercianti che, pur intimoriti e a denti stretti, hanno fatto intendere la presenza di una pressione ormai non più tollerabile. Altro affare proficuo, non solo in concomitanza di eventi pubblici ma anche nella quotidianità, la gestione dei servizi di parcheggio attraverso figure abusive.

Il capo clan comandava dal carcere

Continuava a gestire il clan dal carcere in cui è detenuto dal 2019 Pasquale Briganti, detto “Maurizio”, attraverso familiari e sodali, riuscendo ad affiliare nuove persone attraverso i rituali delle organizzazioni criminali di stampo mafioso e innalzando il rango interno quelli già appartenenti alla Sacra corona unita. Sono stati documentati episodi di estorsione, anche per sostenere gli affiliati in carcere, e spedizioni punitive nei confronti di chi non osservava le regole. Il clan si sarebbe occupato direttamente dell’acquisto della droga, prevalentemente in Albania, e della consegna finale ai vari pusher. Avrebbe inoltre avuto una consistente disponibilità di armi, anche da guerra, di provenienza balcanica.

Questore Valentino: Lecce non è una città' fuori controllo

Lecce non è più una città «fuori controllo». A dirlo, a margine del blitz Antimafia che ha portato all’arresto di 17 elementi del clan Briganti della Sacra Corona unita salentina, il questore Andrea Valentino, «Intendo sottolineare l’abilità investigativa della squadra mobile - ha detto all’Agi - un ufficio che sa dare sempre le risposte giuste, siano risposte legate a reati che magari sono di minore rilevanza, ma che creano allarme sociale come accaduto nel caso dell’arresto degli scippatori recentemente, che risposte attinenti invece attività di indagine di maggiore spessore come quella conclusa in queste ore. Questa risposta a due tipi di attività completamente diverse - ha proseguito - mi fa dire che Lecce non è una città fuori controllo come qualcuno ha detto nei giorni scorsi; è un capoluogo di provincia come tanti altri in cui ci sono dei fatti che accadono, cerchiamo di prevenirli, ma quando non riusciamo c'è comunque una successiva attività investigativa che dà i suoi frutti. La coincidenza dell’operazione conclusa nel giorno stesso in cui è stata pubblicata la relazione semestrale della Dia - ha aggiunto - ci permette di dire che la criminalità organizzata in Salento c'è, con tutte le diversità che nella relazione si sottolineano, ma possiamo permetterci di dire che anche noi ci siamo e che il contrasto continua, l’impegno continua e ce la metteremo tutta anche per adeguarci a quelli che sono i nuovi strumenti che vengono utilizzati dalla mafia».

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