Domenica 28 Aprile 2024

Il settore pesca in allarme rosso, numerose imbarcazioni pugliesi ferme per il caro carburanti

L’intervento dell’Alleanza Pesca al Parlamento Europeo accende i riflettori sulle conseguenze drammatiche del caro-gasolio, della crisi energetica e sul futuro della flotta Perdita di profitto, costi insostenibili, imbarcazioni ferme in porto, occupazione a rischio. La situazione determinata sulla pesca italiana dalla crisi del prezzo dell’energia e dei carburanti ha assunto caratteristiche drammatiche che non accennano a stemperarsi. Considerata l’importanza del costo del carburante per le imprese pescherecce, in Italia si stima una perdita di profitto lordo per il settore, nei primi mesi dell’anno, pari a circa il 28% rispetto al profitto realizzato negli anni 2020 e 2021. Tale calo risulta ancora più grave se si considera che il raffronto è basato sull’annualità 2020 che aveva già subìto contrazioni notevoli in termini di fatturato e giorni di attività a causa della crisi pandemica. Le imprese di pesca scontano una forte dipendenza dal carburante ed i motori delle imbarcazioni, soprattutto per quanto riguarda i sistemi a traino, risultano fortemente energivori. Per questi ultimi tipi di pesca l’incidenza dei costi di produzione è infatti nell’ordine del 60/70%. L’impatto della crisi energetica riguarda quindi, in modo più profondo, questo sistema di pesca, ovvero circa il 30% della flotta peschereccia italiana, (composta nel complesso da circa 12.000 imbarcazioni) che rifornisce la gran parte di prodotto dei nostri mercati ittici. A seconda della tipologia e della dimensione del peschereccio vengono infatti consumati tra i 500 e i 1.700 litri di gasolio al giorno. L’aumento del costo del gasolio – e degli altri costi di produzione – ha indotto inizialmente gli operatori, soprattutto il sistema a strascico, a ridurre le giornate di pesca con evidenti ripercussioni sulla produzione complessiva e sulla possibilità di approvvigionamento da parte dei mercati ittici e delle famiglie italiane, con sensibili conseguenze sul reddito dei pescatori, anch’esso diminuito a causa del meccanismo previsto dal contratto alla parte, con vantaggi significativi offerti nel commercio all’importazione extra-Ue che ne ha tratto, e ne sta traendo, un indubbio profitto. Queste riduzioni, a seconda delle Regioni, hanno comportato arresti dei pescherecci in banchina per periodi continuativi anche prolungati (diverse settimane) o, in alternativa, diminuzione delle uscite settimanali in mare (ridotto a 2-3 giorni/settimana) anche con riduzione e rotazione delle imbarcazioni ferme in porto, per evitare da un lato di chiudere i mercati o lasciare troppo spazio alla sostituzione del prodotto locale con quello importato, dall’altro di sbarcare gli equipaggi. Ad oggi le imbarcazioni continuano ad avere enormi difficoltà a far quadrare i conti e, anche a causa del calo dei prezzi del prodotto ittico dopo il periodo estivo (-30-40%), sono sempre di più gli armatori interessati al fermo definitivo.

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