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Lavoro nero in Puglia, il 60% delle imprese non è in regola

Il report è stato redatto dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro, che coordina in ogni provincia l’attività degli Ispettorati, assieme a Inps e Inail

Il 60% delle imprese pugliesi non sarebbe in regola, fra lavoro nero e mancato rispetto dei contratti. È quanto emerge dal report 2022 sull’attività ispettiva nazionale per la vigilanza e la tutela del lavoro pulito e regolare, redatto dall’Inl – Ispettorato Nazionale del Lavoro, che coordina in ogni provincia l’attività degli Ispettorati, assieme a Inps e Inail.

"Dati assolutamente preoccupanti ma purtroppo non sorprendenti - commenta il segretario regionale della Cgil, Pino Gesmundo - si conferma un mondo del lavoro in questa regione compresso, da un lato, da bassi salari e precarietà a causa delle norme che regolano il mercato del lavoro e per la struttura produttiva prevalente in Puglia; dall’altro, dal continuo ricorso a forme di lavoro illegale sul piano contributivo, fiscale e contrattuale che impoverisce il lavoratore così come l’intera collettività in termini di risorse sottratte, ma colpisce anche quelle stesse aziende che operano nel rispetto delle leggi attraverso una concorrenza sleale e dumping salariale. Imprese che dovrebbero insieme a noi chiedere una più robusta attività ispettiva e di contrasto preventivo".

In attesa delle oltre 2500 assunzioni dell’Ispettorato nazionale, di questi oltre 900 con funzione di ispettori, nel 2021 sono state definite a livello nazionale oltre 84mila ispezioni da cui è emerso un 69% di irregolarità accertata e oltre 1 miliardo di contributi evasi. E tra i lavoratori irregolari (quasi 60mila) quelli completamente a nero sono stati il 26%, “percentuale che se si guarda alla Puglia – commenta Gesmundo – sale al 41% sul totale irregolari, e dove la percentuale di imprese risultate non in regola è del 60%, mentre è del 62% per le cooperative di lavoro”.

In Puglia nel 2021 le ispezioni in materia di lavoro e salute e sicurezza sono state 7.034: 3.157 nel terziario, 1.934 in edilizia, 1.288 in agricoltura, 655 nell’industria. Le percentuali di irregolarità vanno dal 66,28% dell’edilizia al 61,55% del Terziario, quindi il 60,09% dell’industria e il 48,5% dell’agricoltura. “Più interessante la lettura dei dati attraverso i codici Ateco – afferma il segretario della Cgil Puglia -. Ad esempio il settore di attività relativo ad alloggi e ristorazione, per intenderci quelli direttamente connessi al turismo in Puglia e che lamentava mancanza di mano d’opera, ha registrato tassi di irregolarità del 74%. Viene il sospetto che non trovavano giovani da sfruttare, più che professionisti della ristorazione o dell’accoglienza. Così come altissime sono le percentuali di irregolarità nel settore estrattivo, nelle attività artistiche e di intrattenimento, nelle attività immobiliari, nel trasporto e magazzinaggio. Anche nella sanità e nell’assistenza sociale, settore delicato che soprattutto durante la pandemia è stato messo sotto pressione e che ha evidentemente abusato di lavoro irregolare”. Dei 4.915 lavoratori cui si riferiscono nel complesso le violazioni accertate in Puglia lo scorso anno, 2.005 erano impiegati completamente a nero, oltre un terzo di questi in agricoltura.

“In conclusione – sottolinea Gesmundo – condividiamo le dichiarazioni del direttore dell’Ispettorato nazionale: lì dove si tutela la legalità del lavoro si tutelano diritti individuali e collettivi ma anche la buona impresa. Per questo risulta sempre un po’ assordante il silenzio della rappresentanza datoriale rispetto a questi temi, per non dire di chi con estrema faccia tosta arriva al punto di parlare di militarizzazione del territorio o contesta norme di civiltà come la legge contro il caporalato e il lavoro nero approvata dal Parlamento anche sull’onda emotiva suscitata dalla vicenda di Paola Clemente e grazie all’azione del sindacato, o infine attaccano uno strumento di contrasto alla povertà come il reddito di cittadinanza".

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